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La vertigine di Prosper Meniere … la Malattia idropica del labirinto 

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Leonardo Manzari  

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La Malattia di Meniere è un disturbo idiopatico dell’orecchio interno. In altre parole, la causa di questo disturbo labirintico è al momento , per la comunità scientifica internazionale , assolutamente sconosciuta. Si tratta comunque di  disturbo dell’apparato  audiovestibolare , dovuto sostanzialmente ad  un aumento di volume e di pressione del fluido che in esso è contenuto. Tale liquido si trova infatti nella porzione più interna dell'orecchio interno(il labirinto membranoso)  ed è denominato endolinfa. Tale aumento determina  ricorrenti episodi di perdita dell’udito , calo o fluttuazione, acufene o  tinnito, vertigini e sensazione di  pienezza auricolare (definita fullness)  , la stessa sensazione che si prova allorquando si compie un’escursione barometrica , salire in montagna ad esempio . Quanto appena descritto è basato sostanzialmente e comunque unicamente  su osservazioni istopatologiche effettuate cioè post- mortem in  soggetti che lamentavano il corteo sintomatologico appena descritto.

La malattia deve  il suo nome a  Prosper Ménière (Angers, 18 giugno 1799 – Parigi, 7 febbraio 1862) che è stato un medico e scienziato francese.

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Prosper Ménière riferì all’Accademia Imperiale di Medicina di Parigi dellla presenza di un infiltrato linfomatoso nel labirinto di un paziente che aveva sofferto di sordità, acufeni e crisi vertiginose. In realtà la Malattia di Meniere descritta da Prospero Ménière non corrisponde a quella che oggi porta il suo nome; rimane però il grande interesse della sua osservazione che per la prima volta attribuiva all’orecchio interno una sintomatologia allora sistematicamente rapportata al sistema nervoso centrale .

Solitamente la Malattia è unilaterale, ma nel 10% e in alcune osservazioni fino al 50% dei pazienti  può in seguito coinvolgere anche  il secondo orecchio.

Gravità e frequenza degli attacchi di tinnitus e vertigine  possono diminuire nel corso degli anni, con la progressiva  perdita dell’udito e della funzione dell’equilibrio. Una cosa comunque è importante che il paziente conosca, l’entità nosologica definita come  Malattia di Meniere non è , per forza di cose,  sinonimo di vertigini.

In termini squisitamente epidemiologici , la sua incidenza è bassa ed è compresa tra i 10 e i 15 nuovi casi per 100.000 abitanti per anno. Non ci sono significative differenze in base al sesso; l’età di inizio è in genere la quarta decade ed è raro compaia dopo i 60 anni.

Si diceva che la causa è sconosciuta. Sono state proposte diverse teorie eziopatogenetiche ed attualmente si ritiene che la migliore proposta in termini teorici sia che la Malattia è dovuta e/o sia la conseguenza di una risposta dell’orecchio interno ad una serie di insulti di varia natura, quali ad esempio una ridotta pressione dell'orecchio medio, allergie, malattie endocrine, dislipidemie, accidenti vascolari , attacchi virali, una risposta alla Lue. Recentemente è stata proposta anche una teoria inerente la possibilità di un incremento della pressione intracranica che alteri l’equilibrio della vascolarizzazione labirintica, determinando spasmi delle arterie labirintiche con conseguenti shock ripetuti delle strutture che producono l’endolinfa , la cosiddetta stria vascolare.

Un clinico australiano , William Gibson, ha proposto una teoria , “la teoria del flusso longitudinale” dell’endolinfa, che spiega molto bene ciò che accade nell’orecchio interno in corso di Malattia di Meniere. Ma soprattutto tale teoria permette di distinguere tre stadi clinico-evolutivi di malattia, che possono essere caratterizzati e descritti nel modo seguente.

Nello stadio I il sintomo predominante è la vertigine, di tipo  rotatorio. Siamo nelle fasi iniziali di malattia. Questo sintomo è quasi sempre accompagnata da nausea e vomito, sudorazione e in alcuni casi  diarrea. La crisi può essere (ma non sempre in specie proprio all’inizio della Malattia)  preceduta da sensazione di tappamento auricolare, la cosiddetta fullness, e da acufeni di bassa frequenza nell’orecchio malato.

La crisi dura in genere da 20 minuti a 3 ore, non si accompagna a perdita di conoscenza. Una volta che la crisi vertiginosa si è risolta. scompaiono la sordità parcellare sui toni bassi , verificabile con esame audiometrico , e  la sensazione di tappamento auricolare nonchè l’acufene.

Il corso della malattia è discretamente capriccioso ed imprevedibile: gli attacchi possono presentarsi raggruppati per alcune settimane o ricomparire dopo anni o cessare spontaneamente del tutto. La storia riferita è incentrata sui sintomi vertigine, nausea e vomito. Il tappamento e l’acufene vengono segnalati solo se specificatamente richiamati; non viene avvertita la sordità, rare volte la distorsione della percezione uditiva . Durante la crisi è presente nistagmo spontaneo , un movimento ritmico degli occhi valutabile mediante idonea strumentazione e non alla luce .

Nello stadio II , se la malattia non viene diagnosticata o trattata, la perdita dell’udito diviene più evidente per quanto tenda ancora a fluttuare. La curva audiometrica evidenzia una sordità neurosensoriale con maggiore compromissione, di solito , dei toni a bassa frequenza. Le crisi vertiginose invece divengono più frequenti, con remissioni estremamente variabili. Le crisi sono sempre precedute da tappamento auricolare e da acufeni nell’orecchio sordo.

 Lo stadio III è caratterizzato da una implacabile e progressiva perdita dell’udito,  sordità neurosensoriale severa, con curva audiometrica  piatta, stabile, sui 70 dB. Le crisi vertiginose tendono ad attenuarsi per intensità e a diradarsi nel tempo e ad essere sostituite da uno stato di instabilità. Tipico dello stadio in questione,  è la comparsa di violente sensazioni di spinta lineare che proiettano il paziente per terra, verso l’avanti o all’indietro (quella che viene definita come la “catastrofe otolitica di Tumarkin”). Tali crisi non sono  precedute da alcun segno premonitore e, a volte, divengono causa di severi traumatismi, in specie nel paziente della terza età .  

Per una diagnosi di malattia di Ménière, soprattutto in fase iniziale,  devono essere fatti numerosi esami clinico strumentali. Non basta il ricorso all’anamnesi o ad un semplice esame audiometrico.  In pratica un esame audiometrico tonale con prove sopraliminari soprattutto nello stadio I , rappresenta una povera indagine strumentale. Sarà opportuno integrare l’esame audiometrico con lo studio del sistema vestibolare di tipo strumentale. Ed allora il paziente dovrà essere sottoposto a video Head Impuse Test, Potenziali evocati Vestibolari e test calorico. L’integrazione dei risultati ottenuti orienta in maniera presso che certa verso la diagnosi precoce di Malattia di Meniere .

Dal momento che la Malattia è come detto, idiopatica , al momento cioè sine causa , sarà obbligatorio integrare le indagini strumentali con indagini neuroradiologiche , Risonanza Magnetica Nucleare dell’encefalo e dell’angolo ponto cerebellare e con TC dell’orecchio , per  escludere una patologia espansiva retrococleare ed altre patologie dell’orecchio dell’orecchio interno che tendono a comportarsi, dal punto di vista clinica in modo molto simile alla Malattia che di Prosper Meniere porta il nome .

 

Il trattamento più utilizzato si basa sul tentativo di  diminuire la pressione del fluido contenuto nel labirinto membranoso dell'orecchio interno. Gli antistaminici, gli steroidi e i diuretici  possono essere usati a questo fine. Inoltre, i sintomi possono essere trattati con gli antiemetici (per alleviare nausea) o le benzodiazepine (per il controllo diretto delle vertigini).

 Spesso le vertigini vengono risolte attraverso un numero compreso tra 1 e 10 infiltrazioni nell'orecchio medio di un antibiotico chiamato gentamicina, il quale destabilizza le cellule ciliate e riduce gli impulsi che giungono al nervo vestibolare, e dunque la sua sensibilità all'idrope e all'aumento di pressione. La terapia con gentamicina può essere somministrata anche nell'arco di 24 ore con una buona percentuale di guarigione dei pazienti trattati.

Tutti i medici concordano che un corretto management degli stili di vita, ad esempio adottare una dieta iposodica, sia di fondamentale importanza. Specie nei momenti più a rischio di crisi (come la primavera e l'autunno), occorre ingerire cibi poveri di sale (e di potassio) ed evitare di aggiungere il sale da cucina (NaCl) (senza ricorrere a quello iodato che procura gli stessi disturbi).

Talvolta la malattia non può concludersi spontaneamente ed è necessario un intervento chirurgico più complesso della semplice instillazione intratimpanica di gentamicina o corticosteroidi. La terapia chirurgica ha come obiettivo il perseguire  la fine della sintomatologia vertiginosa che di tutto il corteo sintomatologico è quella che più angoscia il paziente . Una di queste operazioni chirurgiche è detta "neurectomia vestibolare", ha una durata media di 3 ore (tempo di chirurgia-considerando il periodo in sala di rianimazione sono 5 ore circa) e consiste nel sezionare un pezzo del nervo vestibolare interrompendone il contatto con il cervello. L'operazione presenta numerosi rischi ed è necessaria un'attenta valutazione prima di effettuarla. Tuttavia una volta terminata, al termine di una breve riabilitazione vestibolare, le vertigini hanno scarsissime probabilità di ripetersi e non si presenteranno più. È giusto aggiungere che i casi di errori chirurgici sono molto bassi, poiché grazie alla tecnologia del riconoscimento del nervo tramite sensori elettrici è raro che si tocchino i fasci nervosi adiacenti a quello interessato (come quelli dell'udito, dei muscoli facciali  eccetera.)

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